il Galeone

Fu il giornalista Sauro Brigidi de “Il Resto del Carlino” a battezzare, con un pizzico di fantasia, “galeone” il relitto sommerso rinvenuto a Pesaro nell’estate del 1978.

Il veliero giace a ridosso di una delle scogliere frangiflutti su un fondale di sabbia a circa 200 metri dalla spiaggia di levante di Pesaro ad una profondità di circa 3/4 metri. Il ritrovamento, effettuato nel 1978 da 2 subacquei del Sub Tridente di Pesaro, Franco Semenza e Enrico Giunti, avvenne casualmente a seguito dell’erosione del fondo marino causata dalla posa dei massi delle scogliere frangiflutti. La prima, se pur approssimativa, collocazione storica del relitto fu possibile in seguito al ritrovamento e successivo recupero di alcuni oggetti di bordo e, in particolare, delle armi (fucili e cannoni).

Una prima ricerca storica permise di formulare una ipotesi di identificazione della nazionalità dello scafo, basandosi su quanto riportato da Domenico Bonanimi nella sua “Cronaca”. In questa egli riferiva la notizia di uno scontro navale, avvenuto nelle acque antistanti Pesaro alla fine del ‘700, fra una nave austriaca e una francese, che tentava di conquistare la nostra città, nel quadro delle guerre napoleoniche. Nel periodo agosto/novembre 1978 furono effettuate, dai sommozzatori del Sub Tridente, quotidiane immersioni che permisero di tenere costantemente sotto controllo l’evoluzione dell’azione erosiva delle correnti; recuperare prontamente i reperti che affioravano dal fondo marino per sottrarli alla possibile asportazione; realizzare sulla zona un reticolo subacqueo per effettuare la misurazione delle parti dello scafo e riportare tutto quanto rinvenuto sott’acqua in un grafico in scala.

Tutto questo in piena collaborazione con l’Autorità Marittima e la Sopraintendenza Archeologica delle Marche. Un’operazione completa di scavo non fu possibile in quel periodo data la necessità di percorrere l’iter burocratico per l’ottenimento di una concessione di scavo dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali.

Si perse, pertanto, l’occasione più favorevole perché, con il passare del tempo, il mare ricoprì nuovamente il relitto con uno strato di sabbia di circa 1 metro – 1 metro e mezzo, rendendo più complicate e costose le operazioni di recupero, fino a quel momento effettuate dal Sub Tridente di Pesaro senza alcun contributo.

Il restauro conservativo di parte dei reperti fu possibile solo dopo alcuni anni dal recupero grazie alla concessione di un finanziamento da parte del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. I lavori sono stati eseguiti dal restauratore Giovanni Morigi sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici delle Marche

 

 

Alcune foto dei reperti recuperati: